Sorridere fa bene
Sorridere fa bene, anche se lo facciamo per finta.
Sorridere è un gesto naturale per la nostra specie. Charles Darwin fu il primo a ipotizzare che si trattasse di qualcosa di innato e universale, al pari delle emozioni che veicola. Tutti nasciamo programmati per sorridere, e provare gioia e divertimento nel farlo. E il binomio è tanto stretto che gesto ed emozione sono pressoché indistricabili. Impossibile non sorridere quando si è allegri, e al contempo, è sufficiente sorridere – anche per finta – per veder migliorare di colpo il nostro umore. Questa ipotesi, che emerge direttamente dai lavori del padre dell’evoluzione, è stata definita ipotesi del feedback facciale (facial feedback hypothesis), e nell’arco dell’ultimo secolo ha attraversato alti e bassi.
La teoria
Darwin nel 1872: “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali”. Il libro è dedicato a dimostrare che le espressioni e la mimica con cui gli esseri umani esprimono le proprie emozioni sono innate. Non vengono cioè apprese, ma sono già presenti nel nostro repertorio comportamentale alla nascita. Ciò è frutto di un processo evolutivo che ne ha plasmato l’aspetto e fissato le caratteristiche, rendendole ereditarie. Le emozioni e i gesti con cui le esprimiamo sono dunque tanto legati tra loro, spiega Darwin che: “Persino la simulazione di un’emozione tende a suscitarla davvero nella nostra mente.
Funziona così:
radotto in termini più moderni, l’ipotesi del feedback facciale ritiene che gli stimoli provenienti dal sistema nervoso periferico (indotti cioè dai movimenti muscolari, come quelli del viso) influenzino direttamente le nostre esperienze emotive. Così come la gioia o il divertimento ci spingono a sorridere, insomma, sorridere, anche senso puramente meccanico, induce un senso di gioia o divertimento. Un sorriso finto, quindi, può influenzare direttamente (per quanto magari sottilmente) il nostro stato d’animo. Le conseguenze, se l’ipotesi fosse corretta, potrebbero essere anche molto concrete. Sorridere potrebbe essere una strategia per migliorare l’umore, combattere ansia e depressione. E in effetti, è stata proposta, e utilizzata, come intervento terapeutico proprio in situazioni simili.
Le prove sperimentali
La nuova ricerca nasce dagli sforzi di Nicholas Coles, psicologo di Stanford che nel 2019 ha realizzato una metanalisi in cui analizzava la letteratura scientifica disponibile sul facial feedback. “Coles ha deciso di approfondire la questione e ha iniziato a riunire un gruppo di specialisti di tutto il mondo, “Un po’ per volta il progetto è cresciuto molto, e dopo cinque anni, ritardati anche dallo scoppio della pandemia, siamo riusciti a ottenere dei dati molti solidi sull’argomento”.
I risultati:
I risultati hanno mostrato un effetto, piccolo ma significativo, dei sorrisi sui livelli di felicità sperimentati dai partecipanti.
A livello pratico, una maggioranza degli autori ritengono che l’effetto che emerge dallo studio sia troppo limitato per poter pensare di utilizzare i sorrisi come terapia per l’umore. Per altri, il fatto che strategie simili, come ad esempio l’indicazione di sorridere allo specchio ogni mattina per almeno cinque secondi, abbiano mostrato una qualche efficacia in diverse analisi svolte negli ultimi decenni, rimane un punto a suo favore. Magari – ipotizzano nelle conclusioni dell’articolo – il piccolo effetto del feedback facciale è in qualche modo incrementale, e ripetendo gli esercizi un numero sufficiente di volte arrivi ad avere un’efficacia concreta sull’umore. Per scoprire come stanno le cose – inutile dirlo – serviranno ulteriori ricerche.