” Nebbia cerebrale post covid-19 “
Che succede al nostro cervello?
Una nebbia cerebrale colpisce molte persone che hanno avuto il Covid, anche in forma lieve.
Il Covid-19 provoca, oltre una polmonite gravissima, spesso mortale, anche patologie neurologiche e psichiatriche. Infatti sono stati riscontrati moltissimi sintomi collaterali, molti dei quali non scompaiono con la guarigione. Numerosi pazienti hanno mal di testa, deliri, disfunzioni cognitive, vertigini, fatica per lunghi tempi. Ciò accade anche oltre diversi mesi. Anche dopo la ripresa, insomma possiamo parlare di una vera e propria “nebbia cerebrale”.
La differenza dalla normale influenza è sempre più netta. La nebbia cerebrale si traduce nel non ricordare un numero di telefono, dove si sono messe le chiavi, qual era il programma della giornata. Oppure possiamo sentirci depressi o andare a velocità rallentata. Inoltre non riuscire più a essere multitasking, fare ogni azione al rallentatore. Questi non sono indizi di età avanzata, ma normali effetti di un male che ancora non conosciamo del tutto.
Nebbia cognitiva
E’ già accaduto nella Spagnola e nella Sars
Da studi effettuati in Cina si è visto che i sintomi neuropsichiatrici sono molto frequenti, della nebbia cerebrale. Ma anche altri virus in passato hanno avuto effetti molto simili. Nel 1889 i coronavirus Orthomyxoviridae, quelli dell’influenza A, avevano lasciato un seguito di encefaliti. La spagnola, nel 1918, provocò un milione di encefaliti di tipo parkinsoniano. E chi è sopravvissuto alla Sars ha avuto disturbi della memoria, depressione e ossessioni. Quindi la nebbia cerebrale non è un risultato solamente della pandemia odierna, ma si è già verificato in passato.
Da rilevare che in nessun tessuto cerebrale danneggiato, gli scienziati hanno potuto evidenziare la presenza del virus. Perciò dobbiamo inquadrare la sindrome da nebbia cerebrale come una risposta indiretta del nostro organismo alla presenza del virus responsabile della pandemia.
Nebbia cerebrale da covid-19
Risultati delle autopsie
Le persone esaminate nello studio dell’NIH avevano tra i 5 e i 73 anni, erano decedute ed è stato possibile analizzarle con l’autopsia usando una risonanza magnetica ad alta potenza. Sono stati esaminati i bulbi olfattivi e il tronco encefalico. La scansione ha rivelato che entrambe le regioni avevano dei punti di iper intensità che indicano infiammazione, e punti di ipo intensità che indicano sanguinamento.
I punti danneggiati riscontrati nel cervello sono poi stati esaminati al microscopio ed è stato visto che le iper intensità contenevano vasi sanguigni più sottili del normale e non più a tenuta stagna. Erano anche circondati da cellule T, un gruppo di leucociti che giocano un ruolo chiave nell’immunità, e da cellule della microglia, che si occupano della prima e principale difesa immunitaria nel sistema nervoso centrale. Entrambi sottolineavano l’evidenza di uno stato di grave infiammazione. Nei punti di ipo densità invece non c’era traccia di risposta immunitaria. Ciò spiega come sia possibile parlare di nebbia cerebrale.
Neuro covid-19
Dr. Trinchieri stefano.