Sei ceppi di SARS-Covid-19
I ricercatori dell’Università di Bologna hanno identificato almeno sei ceppi diversi di virus covid-19. Nello studio, pubblicato su Frontiers in Microbiology, descrivono i sei nuovi ceppi attualmente in circolazione. Il ceppo originale, il ceppo L, è quello apparso a Wuhan nel dicembre del 2019.
La prima mutazione, il ceppo S, appare nei primi giorni di quest’anno mentre, dalla metà del mese di gennaio, compaiono ceppi V e G.
Proprio il ceppo G, è quello più diffuso in Italia. Il ceppo G ha poi visto due mutazioni principali. Da queste mutazioni nascono i sottoceppi GR e GH (apparsi negli ultimi giorni di febbraio).
i 6 ceppi di coronavirus
Scoperte 198 mutazioni ricorrenti nel virus della COVID-19
in uno studio importante per capire come il coronavirus che ha scatenato la pandemia. Il Covid-19 in tutto il mondo potrebbe evolversi e cambiare. Questo hanno fatto un team di ricercatori dell’University College di Londra (UCL).
Il team di ricercatori del Genetics Institute ha infatti identificato quasi 200 mutazioni genetiche ricorrenti in questo virus. Ciò potrebbe far comprendere agli scienziati le modalità con le quali il virus stesso potrebbe in futuro adattarsi ad evolversi all’interno dello stesso corpo umano.
Per giungere a questi risultati, i ricercatori hanno analizzato i genomi di oltre 7500 campioni infettati dal virus provenienti da pazienti in tutto il mondo. Alla fine hanno identificato 198 mutazioni che sarebbero occorse in maniera indipendente più di una volta, cosa che indica il livello di adattamento del virus e fornisce preziose informazioni a tal riguardo.
covid-19
Terapie e Vaccini
Infine i ricercatori hanno scoperto che alcune parti del genoma del Sars-covid-19 sembrano presentare pochissime mutazioni: questo significa che queste aree del genoma potrebbero essere prese di mira in maniera più efficiente da farmaci e vaccini proprio perché tendono a cambiare meno frequentemente.
Un vaccino o un trattamento potrebbero infatti fallire se il virus muta a livello genetico: se lo fa troppo velocemente, la maggior parte degli sforzi in tal senso risulteranno inutili. Con queste informazioni, forse potrebbe essere più facile sviluppare farmaci più efficaci a lungo termine.
Dr. Stefano Trinchieri