Curare l’obesità intervenendo sul cervello anzichè sulla ‘pancia’
il nuovo studio per risolvere un problema che interessa milioni di persone.
Il numero degli obesi nel mondo sta aumentando, soprattutto nei paesi occidentali. Basta guardarsi intorno e si possono vedere adulti oversize. Però la cosa più importante è che anche molti adolescenti e bambini che sembrano carini così cicciottelli, rientrano in questa casistica. Infatti da adulti avranno grossi problemi di salute.
Ormai l’obesità è a livello epidemico e causa malattie cardiache, diabete, ipertensione e disturbi del sonno costando motissimo alle comunità.
I depositi di grasso hanno influenza sull’organismo
soprattutto se obeso, reagendo in modo da impedire che il metabolismo freni il senso di fame. Un nuovo studio pubblicato su “Science Translational Medicine” spiega in modo dettagliato questo meccanismo che blocca il dimagrimento. Indica, inoltre, una possibilità di intervenire curando l’obesità atraverso il cervello anziché la pancia.
La leptina, fortemente coinvolta nella regolazione del metabolismo lipidico e del consumo energetico è un ormone prodotto dalle cellule di grasso. Noto anche come regolatore della dieta. Quando riscontra che le riserve di energia sono sufficienti, lo comunica all’ipotalamo, struttura del sistema nervoso situata nella regione cerebrale, che blocca lo stimolo della fame.
Quando le riserve lipidiche aumentano, le cellule adipose bianche accelerano la sintesi di leptina per segnalare all’ipotalamo che occorre ridurre l’assunzione di cibo.
La leptina diminuisce il senso della fame
e aumenta la spesa energetica, favorendo la riduzione del peso corporeo e della massa grassa.
Più il peso aumenta meno è ricettivo alla leptina, perciò più si ingrassa e più diventa facile ingrassare.
Rafi Mazor, biologo all’Università della California a San Diego, autore dello studio, con la collega Dinorah Friedmann-Morvinski, biologa cellulare all’Università di Tel Aviv, in Israele, confermano la “resistenza alla Leptina”. Questa era già conosciuta, ma il loro studio ha potuto spiegarne il meccanismo e ipotizzare che la causa iniziale dell’obesità potrebbe essere uno stato infiammatorio provocato da diete. Le diete di cui si parla negativamente sono quelle ad alto contenuto calorico e di grassi le quali creano uno stato di infiammazione cronica di basso livello nell’ipotalamo.
Infine
vale la pena ricordare che nell’uomo l’assunzione di cibo è un fenomeno assai complesso, perché mediato da numerosi segnali biologici che si integrano a livello ipotalamico ma anche da fattori non energetici (culturali, sociali, emozionali ecc.).
I FARMACI PER COMBATTERE I CHILI DI TROPPO
Quando questi approcci risultano fallimentari, gli specialisti possono mettere sul tavolo due carte. La prima rimanda alla terapia farmacologica. «Al momento sono disponibili due farmaci: l’Orlistat e la Liraglutide – afferma Giuseppe Rovera, direttore dell’unità operativa di recupero e rieducazione funzionale. – Questo centro è per i disturbi alimentari e si trova al policlinico di Ponte San Pietro (Bergamo) . Il primo va assunto per via orale trenta minuti prima di ogni pasto pasto principale e agisce legando il trenta per cento dei grassi, per poi favorire l’espulsione con le feci.
Il Liraglutide
, invece, è un farmaco iniettivo che nasce come antidiabetico. L’utilizzo del farmaco per il trattamento dell’obesità è stato autorizzato da quasi due anni. Il principio attivo mima il modo in cui l’intestino comunica col cervello per regolare l’appetito. Entrambi i farmaci, assumibili per un periodo continuativo massimo di un anno, richiedono la prescrizione medica e risultano inseriti in fascia C.